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ISS – Strategie di monitoraggio per determinare la concentrazione di fibre di amianto e fibre artificiali vetrose aerodisperse in ambiente indoor

Home| News| ISS – Strategie di monitoraggio per determinare la concentrazione di fibre di amianto e fibre artificiali vetrose aerodisperse in ambiente indoor

22
Feb, 2016
By admin
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Istituto Superiore di Sanità. “Strategie di monitoraggio per determinare la concentrazione di fibre di amianto e fibre artificiali vetrose aerodisperse in ambiente indoor”. Rapporti ISTISAN 15/5.
Definizioni
  • Amianto. La normativa italiana (art. 247 DL.vo 81/2008) considera e disciplina come amianto (o asbesto) esclusivamente i silicati fibrosi appartenenti a due gruppi mineralogici principali, quello degli anfiboli e quello del serpentino.
  • Azioni provvisorie di bonifica. Semplici  e  brevi  misure  di  bonifica,  utilizzate per ridurre le  emissioni di fibre aerodisperse da materiali da costruzione:
    1. Incapsulamento: consiste nel trattamento dei materiali contenenti fibre con prodotti penetranti o ricoprenti che tendono ad inglobare le fibre e a costituire una pellicola di protezione sulla superficie esposta.
    2. Confinamento e/o rivestimento: consiste nell’installazione di una barriera a tenuta che separi i  materiali  contenenti fibre dalle aree occupate dell’edificio se non associato all’incapsulamento, il rilascio di fibre continua all’interno del confinamento.
  • Campionamento aggressivo. È il campionamento eseguito  impiegando  mezzi meccanici al  fine di diffondere  le eventuali fibre presenti nell’area.
  • Campionamento a breve termine. Il campionamento ha una durata di massimo 24 ore.
  • Campionamento a lungo termine. Il campionamento ha una durata superiore alle 24 ore.
  • Campionamento di convalida della procedura. Il campionamento eseguito per determinare l’impatto sui livelli di concentrazione prevalenti a seguito di manutenzione o di altre attività in un’area in cui sono installati materiali contenenti amianto e/o fibre artificiali vetrose.
  • Campionamento della dispersione. È il campionamento eseguito in aree limitrofe al cantiere di bonifica con lo scopo di monitorare le eventuali variazioni di concentrazione di fibre.
  • Campionamento del fondo. È il campionamento eseguito a breve termine per la determinazione della concentrazione di fibre aerodisperse in locali occupati durante il normale utilizzo prima di un’attività che potrebbe produrre un inquinamento da fibre.
  • Campionamento livello prevalente. È il campionamento eseguito per determinare la concentrazione delle fibre aerodisperse durante la normale occupazione e le normali attività che si svolgono nell’area in esame.
  • Campionamento investigativo. È il campionamento eseguito per determinare la concentrazione delle fibre aerodisperse a seguito di un evento o di un’attività simulata.
  • Campionamento per la restituibilità. E’ il campionamento eseguito a seguito di un’attività di bonifica con lo scopo di determinare se i livelli di concentrazione sono inferiori ad un determinato valore al quale è consentito la ri-occupazione dell’area in sicurezza.
  • Campionamento personale. È il campionamento eseguito nella zona di respirazione di un individuo per determinare la potenziale esposizione a fibre presenti nell’aria.
  • Campionamento stratificato. È un campionamento eseguito secondo una ben definita strategia in cui i campionamenti vengono effettuati sulla base di una dettagliata conoscenza delle caratteristiche dei materiali presenti nell’area di studio.
  • Concentrazione fondo indoor. È la concentrazione di fibre misurata a lungo termine in un locale (soprattutto edificio) durante il normale utilizzo dello stesso.
  • Azioni definitive di bonifica (rimozione). Drastica misura di bonifica, utilizzata per eliminare le emissioni di fibre aerodisperse da materiali da costruzione. La rimozione è  il  metodo più diffuso perché elimina ogni potenziale fonte di esposizione e consiste nell’eliminazione dell’eventuale sorgente mediante asportazione e smaltimento.
  • Concentrazione fondo outdoor. È la  concentrazione di fibre misurata a  lungo termine all’esterno e  sufficientemente vicino alla  struttura in esame (soprattutto nel caso degli edifici per i quali si vuole ottenere un valore rappresentativo di aria aspirata nell’edificio).
  • Fibra. Tutte le particelle che presentano un rapporto lunghezza/diametro (L/D) > 3/1. Questo valore del rapporto è quello che viene usato nel campo dell’igiene industriale.
  • Fibra secondo la World Health Organisation. Sulla base di una serie di studi nel 1986 la World Health Organisation (WHO) definì implicitamente pericolose tutte  le  fibre con lunghezza >  5 μm, diametro < 3 μm e rapporto dimensionale L/D ≥ 3, raccomandandone l’identificazione e il conteggio durante le analisi.
  • Fibra respirabile. Questa definizione si riferisce a  tutte  quelle fibre che possono essere inalate  fino a giungere nella zona alveolare del sistema respiratorio. Fibre con diametro  inferiore a 3 μm sono da considerare respirabili e alcuni studi concordano con la scarsa possibilità per fibre di diametro superiore a 3,5 µm di penetrare sino al livello alveolare dei polmoni. Riguardo alla  lunghezza, è  dimostrata scarsa influenza della stessa sul comportamento aerodinamico, ed è opinione diffusa che fibre di lunghezza superiore a 200-250 µm siano troppo grandi per depositarsi nei polmoni e quindi non respirabili a tutti gli effetti.
  • Fibre Artificiali Vetrose (FAV). Le FAV fanno parte del grande gruppo delle Man-Made Mineral Fiber (MMMF) che include tutte le tipologie di fibre inorganiche come, le fibre cristalline, le lane policristalline (PCW), i whiskers di carburo di silicio e altre. Le FAV commercialmente importanti, sono a base di silice e contengono quote variabili di  altri  ossidi  inorganici.  I  componenti  non  a  base  di  silice  includono,  ma  non esclusivamente, ossidi alcalino terrosi, alcali, alluminio, boro, ferro e zirconio. Appartengono alle FAV le fibre/lane di vetro, le lane di roccia, le lane di scoria, le fibre ceramiche refrattarie (FCR), lane di vetro allumo-silicatiche (ASW) e le lane di vetro silicatiche alcalino-terrose (AES).
  • Fibre ceramiche refrattarie. Secondo l’Allegato VI del Regolamento (CE) 1272/2008 (cosiddetto CLP: Classification, Labelling and Packaging) come modificato dal primo adeguamento al progresso tecnico (Regolamento (CE) 790/2009), vengono definite fibre ceramiche refrattarie (Num. Indice 650-017-00-8) le fibre artificiali vetrose che, oltre a presentare un’orientazione casuale dei componenti fibrosi, contengono un tenore di ossidi alcalini e ossidi alcalino-terrosi (Na2O+K2O+CaO+MgO+BaO) ≤ 18% in peso.
  • Lane minerali. Secondo l’Allegato VI del Regolamento (CE) 1272/2008 (regolamento CLP) come modificato dal primo adeguamento al progresso tecnico (Regolamento (CE) 790/2009), vengono definite lane minerali (Num. Indice 650-016-00-2) le fibre artificiali vetrose (silicati) che, oltre a presentare un’orientazione casuale dei componenti fibrosi, contengono un tenore di ossidi alcalini e ossidi alcalino-terrosi (Na2O+K2O+CaO+MgO+BaO) > 18% in peso.
  • Materiali contenenti amianto. Vengono  definiti  Materiali  Contenenti  Amianto (MCA) tutti quei materiali che contengono fibre di amianto intenzionalmente aggiunto. Gli MCA possono essere classificati come:
    1. materiali contenenti amianto friabili: materiali che possono essere facilmente sbriciolati o ridotti in polvere con la semplice pressione manuale;
    2. materiali contenenti amianto compatti: materiali duri che possono essere sbriciolati o ridotti in polvere solo con l’impiego di attrezzi meccanici (dischi abrasivi, frese, trapani, ecc.).
  • Materiali contenenti fibre. Vengono definiti Materiali Contenenti Fibre (MCF) quei materiali in cui è presente una componente inorganica fibrosa diversa dall’amianto.
  • Materiali sostitutivi dell’amianto. I  materiali  sostitutivi  dell’amianto  devono  rispettare  alcuni criteri  definiti  dal  DM 12.02.1997.
  • Simulazione. Attività programmata per simulare e/o replicare le attività specifiche svolte in condizioni controllate al fine di testare l’impatto di queste attività sulla concentrazione delle fibre aerodisperse.
  • Unità Ambiente. Locale che presenta una superficie massima di 100 m2. In situazioni particolari, fino a quattro locali più piccoli, per le quali la superficie totale non superi i 100 m2, può essere considerato come una singola unità, a condizione che vi sia un efficiente scambio d’aria tra i locali.
Monitoraggio delle Fibre Aerodisperse

Gli approcci metodologici per la valutazione della qualità dell’aria interna ai fini della tutela della salute si devono basare sull’esecuzione d’indagini multilivello secondo una sequenza logica di fasi successive che consenta di condurre studi completi senza che si debba ricorrere all’esecuzione di ricerche complesse, che spesso comportano impegni finanziari e organizzativi molto onerosi.

In Figura 1 si riporta una sequenza delle fasi principali in cui si può suddividere un’indagine per la valutazione della qualità dell’aria e il conseguente rischio degli occupanti a causa della presenza di MCA e/o MCF.

fasi-valutazione-rischio-amianto

La Fase 1 è rivolta a conseguire l’acquisizione di tutte le informazioni e i dati d’interesse relativi alla struttura in questione; particolare attenzione deve essere dedicata all’inventario dei materiali che potrebbero contenere fibre e diventare quindi sorgente d’inquinamento.

In questa fase  si  dovranno acquisire anche informazioni di  tipo  “strutturale” come  le  caratteristiche costruttive della struttura e dei vari impianti (nel caso di edifici, il tipo di riscaldamento e rinfrescamento, di ventilazione, l’impianto dell’acqua calda, ecc.) e della loro manutenzione.

Scopo di questa raccolta è identificare i potenziali problemi della struttura, e determinare in modo chiaro  e  univoco  l’obiettivo  (o gli obiettivi)  dell’indagine. In questa fase  vengono pertanto formulate le ipotesi che dovranno essere verificate con gli interventi successivi.

Nella Fase 2 vengono effettuati sopralluoghi all’interno della struttura, oggetto dello studio, sulla base delle informazioni raccolte durante la prima fase.

Questo sia per verificare l’affidabilità e la completezza delle informazioni fornite sia per integrarle. Si procederà con la compilazione, per ogni area della struttura in esame, di schede d’ispezioni che, oltre ad indicare i  tipi di MCA e/o MCFe la destinazione d’uso del locale, dovranno evidenziare una serie di parametri e fattori che possono contribuire al rilascio di fibre (es. schede del DM 6/9/1994).

Durante questa fase d’ispezione si potranno eseguire prelievi di materiali in massa che potenzialmente potrebbero contenere fibre.

Nella Fase 3, con il supporto delle informazioni raccolte nelle fasi precedenti, viene definita una strategia di monitoraggio e avviata la fase di indagine strumentale vera e propria con campionamenti d’aria e analisi.

La Fase 4, se presente, presuppone che lo studio abbia evidenziato la presenza di fibre aerodisperse e che gli accertamenti compiuti ne abbiano individuato la/e causa/e.

In tal caso, si procede con la progettazione e la realizzazione di eventuali interventi migliorativi la cui necessità viene messa in evidenza dalle fasi metodologiche precedenti.

Il monitoraggio delle fibre aerodisperse in un ambiente indoor è una fase delicata a causa della reale possibilità di commettere errori che potrebbero portare ad un risultato fuorviante.

È un processo complesso e decisivo per il risultato finale, che deve essere eseguito con idonea strumentazione e da personale esperto e qualificato (secondo il DM del 14 maggio 1996).

Il metodo utilizzato per il campionamento di fibre aerodisperse è quello indicato all’Allegato 2 del DM del 6 settembre 1994 per gli ambienti indoor e alle norme di buona tecnica (ISO 16000/7 del 2008) per l’amianto e consigliato per le FAV.

Campionamento

Il  monitoraggio delle fibre aerodisperse in un  ambiente indoor risulta di  fondamentale importanza per:

  • studiare l’eventuale dispersione delle fibre;
  • verificare l’eventuale superamento del limite di esposizione (lavoratore addetto) o del valore indicativo di inquinamento in atto (lavoratore generico);
  • controllare l’efficacia del confinamento di un ambiente o di un’area;
  • rilasciare la certificazione di restituibilità a seguito di bonifica secondo il DM 6 settembre 1994;
  • indagare i valori di concentrazione di fondo dell’ambiente indoor;
  • misurare l’esposizione personale del lavoratore generico.

campionamento-ambientale

Sulla base delle informazioni, delle ispezioni e dell’obiettivo del  monitoraggio si  deve sviluppare un preciso piano di campionamento.

Le variabili fondamentali da considerare per programmare un idoneo piano di campionamento sono, a seguito dell’individuazione della sorgente d’inquinamento, i punti dove eseguire il prelievo, il tempo e la periodicità del campionamento stesso.

Questi parametri dipendono a loro volta dall’obiettivo delle misurazioni, dal valore limite di controllo stabilito dalle leggi e dal metodo di analisi.

I sistemi di campionamento si differenziano a seconda che si tratti di misure personali o ambientali.

Per i campionamenti ambientali, aventi finalità diverse dalla determinazione dell’esposizione individuale, viene impiegato il sistema di campionamento statico o di area. Per raccogliere campioni di aria in cui si vuole determinare la concentrazione di fibre presenti in un certo periodo di tempo, in presenza di specifiche condizioni (particolari sorgenti, attività di macchine o persone, particolari ubicazioni, ecc.), il campionatore dovrà essere posto in punti significativi e già individuati in precedenza.

Il  campionamento personale, utilizzato  prioritariamente negli  ambienti  di  lavoro  in  cui  si svolgono attività lavorative che possono comportare per i lavoratori addetti un’esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate (art. 246 DL.vo  81/2008), o  attività  lavorative con  altri  MCF  “simula”  l’esposizione dell’individuo potenzialmente esposto (lavoratore addetto) a fibre aerodisperse.

L’impiego del campionamento personale su lavoratori generici potrebbe tuttavia risultare utile non per valutare la conformità legale del livello espositivo, ma per ottenere reali livelli di esposizione  personale in varie situazioni e contesti lavorativi (anche a fini di studi epidemiologici).

Obiettivo del campionamento

La caratterizzazione e la valutazione dell’aria ambiente in una posizione fissa normalmente si basa su una serie di misure effettuate per un lungo periodo di tempo (in genere mesi o anni). Tuttavia, il rilascio di fibre non è costante e le attività umane o naturali potrebbero provocare brevi periodi di rilascio. In particolare le attività di manutenzione potrebbero disturbare gli MCA e/o MCF  producendo  così polvere  contenente  fibre  che  si  depositerà nell’area in questione. Il controllo e il monitoraggio di queste attività determineranno i livelli di esposizione a lungo termine.

Prevedere i cambiamenti a lungo termine delle concentrazioni di fibre nell’aria derivanti dal deterioramento di materiali o dal tipo di utilizzo dei locali non è sempre possibile. Tuttavia, attraverso un’appropriata strategia e tecnica di campionamento, e prendendo in considerazione condizioni estreme ma realistiche, è possibile simulare e stimare le massime concentrazioni di fibre che possono verificarsi a breve termine.

Si  possono  utilizzare  una  serie  di  modalità  diverse  di  campionamento a seconda dell’obiettivo del monitoraggio:

  • Campionamento del livello prevalente: fornisce un valore della concentrazione di fibre in condizione di normale occupazione e normale utilizzo di un’area a lungo termine in cui sono presenti MCF o MCA.
    Per garantire che il campionamento sia rappresentativo delle condizioni di normale occupazione della UA in esame devono essere prese le seguenti precauzioni:
    a) il sistema di condizionamento dell’aria deve essere in funzione;
    b) tutte le finestre, porte e altre aperture devono essere chiuse non solo durante l’esecuzione del monitoraggio ma da almeno 3 ore prima dell’inizio dello stesso, in modo da evitare la diluizione della concentrazione di fibre nell’aria interna;
    c) lo svolgimento delle attività all’interno del locale, quando possibile, dovrebbe mantenersi regolare durante il periodo di campionamento.
  • Campionamento del fondo: fornisce un valore della concentrazione di fibre a breve termine in un’area, prima che vengano eseguiti lavori che potrebbero disturbare gli MCA e/o MCF presenti.
    Il monitoraggio ambientale del fondo viene effettuato per stabilire la concentrazione di fibre a breve termine in uno spazio occupato e fornire un valore di riferimento per il campionamento in corso di attività. L’attività può o meno comportare un disturbo agli MCA e/o MCF.
    Questo tipo di  campionamento deve essere effettuato immediatamente prima dell’inizio dell’attività.
  • Campionamento di convalida della procedura: fornisce un valore della concentrazione di fibre o le sue variazioni durante le attività di manutenzione ordinaria nell’area in cui sono presenti MCA e/o MCF. Le misure per determinare l’impatto di un singolo evento e quelle associate ad una simulazione all’interno di una struttura presentano alcune criticità, soprattutto quando le sorgenti sono situate in punti tali da produrre un aerosol non omogeneo.
    Nel caso dell’amianto si è osservato, ad esempio, che la concentrazione di fibre ad una certa distanza dalla sorgente può essere diluita al punto che una singola misurazione può non rilevare nessun aumento significativo; quindi, se non è disponibile alcuna informazione supplementare sui punti sorgente, per caratterizzare la situazione reale può essere necessario un gran numero di campionamenti. In altre situazioni, può capitare che una determinata attività venga svolta solo per un breve periodo di tempo, limitando così il volume di aria che può essere raccolto durante l’esecuzione dell’attività stessa.
  • Campionamento investigativo: fornisce un valore della concentrazione di fibre o le sue variazioni durante le attività simulate, le variazioni d’uso dell’area, o come conseguenza di un danneggiamento accidentale di MCA e/o MCF.
  • Campionamento di valutazione della dispersione (di bonifica e installazione): fornisce un valore della concentrazione di fibre o le sue variazioni in aree limitrofe esterne a zone di cantiere durante i lavori (aree in cui è in corso una bonifica d’amianto o durante l’istallazione o lo smantellamento di MCF).
    Il campionamento della dispersione di fibre viene eseguito per verificare l’efficacia delle barriere di contenimento durante le fasi di bonifica, di messa in opera (per quanto riguarda i MCF) e prima della rimozione delle barriere di contenimento (fase prerestituibilità).
    L’applicazione delle barriere serve, infatti, per garantire che le fibre, aerodisperse in aree ben definite e circoscritte di un edificio, non siano causa di elevate esposizioni per gli occupanti delle aree limitrofe.
    I punti di campionamento dovranno essere accuratamente scelti in funzione dell’ubicazione del cantiere rispetto alle aree limitrofe occupate dagli utenti della struttura (ad esempio, punti nei  pressi  dell’area  di  cantiere,  vicino  gli  scarichi  delle  unità  di  ventilazione a  pressione negativa, ecc.).
  • Campionamento per la restituibilità di aree bonificate: fornisce un valore della concentrazione di fibre presenti nelle aree che hanno subito attività di bonifica e che devono nuovamente essere occupate (sia per il campionamento che per i  limiti  di  concentrazione si  deve fare riferimento esclusivamente al  DM 6 settembre 1994).
    I criteri per la certificazione della restituibilità di ambienti bonificati dall’amianto (e quindi il campionamento per la restituibilità) sono trattati ampiamente e in modo esaustivo dal DM 6 settembre 1994. Per quanto riguarda la certificazione di restituibilità in ambienti bonificati da FAV si consiglia di seguire le indicazioni presenti nell’Allegato A del Decreto n. 13451 del 22 dicembre 2010 della Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia (Identificativo Atto n.1015 dal titolo “Approvazione delle linee guida per la bonifica di manufatti in posa contenenti fibre vetrose artificiali”).
    Secondo il suddetto decreto regionale, nel caso di ambienti in cui le operazioni di  bonifica  abbiano  interessato manufatti  contenenti FAV con tenore di ossidi alcalino/alcalino terrosi <18% e diametro minore di 6 µm, deve essere verificata la restituibilità degli ambienti bonificati attraverso campionamento ambientale e analisi del campione con SEM equipaggiato con uno spettrometro a raggi X a dispersione di energia (EDXS) secondo la metodica descritta nel capitolo 5 dello stesso.
    I criteri per la scelta del numero di campioni da effettuare e della posizione dove localizzare i campionatori sono i medesimi di quelli descritti per le procedure di restituibilità degli ambienti bonificati da amianto di cui al DM 6 settembre 1994.
    In analogia a quanto fissato per l’amianto, il valore di riferimento per giudicare un’area bonificata come restituibile è di 2 fibre/litro.
  • Campionamento personale: fornisce un valore dell’esposizione reale di un individuo a fibre presenti nell’aria indoor.
    Il campionamento personale “simula” l’esposizione dell’individuo potenzialmente esposto a fibre aerodisperse e in determinate situazioni risulta ottimale in quanto descrittiva della reale esposizione del soggetto.
    Per  quanto  riguarda  la  valutazione  dell’esposizione  del  lavoratore  addetto  esposto  in ambiente di lavoro si dovrà seguire il DL.vo 81/2008 e il metodo raccomandato dalla WHO nel 1997.
    Negli ambienti indoor, il campionamento personale può risultare importante per conoscere i livelli di esposizione personale dei lavoratori generici.
    Le caratteristiche del campionamento sono quelle indicate nel metodo della WHO nel 1997, ma per quanto riguarda le analisi, come riportato anche dal DM 6/9/1994, si consiglia di utilizzare la metodica SEM equipaggiata con sistema di microanalisi in quanto permette il riconoscimento della tipologia mineralogica delle fibre.
Normativa di riferimento di settore
Amianto

La legge-quadro n. 257 del 1992, oltre a vietare l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione d’amianto e di tutti i prodotti contenenti amianto, rimanda alla successiva emanazione di una serie di decreti di natura tecnica, i quali hanno stabilito i criteri d’intervento, le procedure operative da adottare nelle situazioni coinvolgenti materiali di amianto, i metodi di valutazione del rischio e le procedure di sicurezza per gli interventi di bonifica.

Il DM 6 settembre 1994 si applica agli edifici “ad uso civile, commerciale o industriali, aperti al pubblico o comunque di utilizzazione collettiva in cui sono in opera manufatti o materiali contenti amianto (MCA) dai quali può derivare un’esposizione a fibre aerodisperse e regolamenta le normative e le metodologie tecniche per la valutazione del rischio, per il controllo, per la manutenzione, per la bonifica e per le attività  analitiche di materiali contenenti amianto presenti nelle  strutture edilizie pubbliche e private.

Il punto 2c del decreto fornisce dei valori di concentrazione che indicano una situazione di inquinamento in atto in un edificio.

In allegato al decreto sono riportate alcune tecniche analitiche di riferimento tra cui la procedura per la determinazione della concentrazione di fibre di amianto aerodisperse in ambienti indoor.

Con la Circolare 12 aprile 1995 n. 7 del Ministero della Sanità (Circolare esplicativa del decreto ministeriale 6 settembre 1994) è stato precisato che la normativa contenuta nel decreto del 1994, oltre che alle strutture edilizie con tipologia definita nella premessa, si applica anche agli impianti tecnici, sia in opera all’interno di edifici che all’esterno, nei quali l’amianto è utilizzato per la coibentazione di componenti dell’impianto stesso o nei quali comunque sono presenti componenti contenenti amianto.

Con il DM 26/10/1995 del Ministero della Sanità si affronta il problema dei materiali d’amianto presenti sui mezzi mobili rotabili per trasporto terrestre quali treni, metropolitane, tram, autobus ecc. in cui sono presenti manufatti, componenti e materiali contenenti amianto friabile dai quali può derivare un’esposizione a fibre aerodisperse.

Il DM 14/5/1996 del Ministero della Sanità oltre a fornire norme tecniche sulla bonifica dei siti industriali dismessi, sui materiali contenenti amianto come cassoni e tubazioni, sulle pietre verdi e sui laboratori che effettuano analisi sull’amianto, definisce i criteri per la manutenzione e l’uso delle unità abitative prefabbricate in cemento amianto.

Il DM 20/8/1999 del Ministero della Sanità prende in considerazione l’amianto presente a bordo di navi o unità equiparate prevedendo l’obbligo da parte dell’armatore di effettuare una mappatura dei materiali di amianto presenti sulla nave e di comunicarla al Ministero della Sanità.

Il DL.vo 81/2008, oltre a definire i tipi di amianto “normati”, fornisce il valore limite di esposizione ad amianto in contesti lavorativi (0,1 fibre/cm3  di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di 8 ore). Queste indicazioni riguardano i lavoratori a rischio di esposizione di amianto, addetti alle attività di manutenzione o di rimozione dell’amianto e dei MCA, alle operazioni di smantellamento e trattamento dei rifiuti, e alla bonifica di aree contaminate.

Fibre artificiali vetrose

La Comunità Europea, (insieme ad altri organismi pubblici e privati che si occupano della classificazione di sostanze e prodotti ai fini di valutare la loro cancerogenicità,) pubblicando le Direttive 97/69/CE e 2009/2/CE (riguardanti rispettivamente il XXIII e il XXXI adeguamento al processo tecnico della “direttiva madre” 67/548/CEE) ha introdotto elementi di distinzione tra le varie FAV presenti sul mercato ed ha messo in evidenza come non tutte le FAV presentino effetti cancerogeni.

L’Italia con il Decreto del Ministero della Sanità 1° settembre 1998, entrato in vigore il 16 dicembre 1998 e il DM di rettifica 2 febbraio 1999, ha recepito la Direttiva della Commissione 97/69/CE e inoltre ha emanato la Circolare n. 4 del 15 marzo 2000, successivamente rettificata con la Circolare 10 maggio 2000 n. 7, nella quale vengono individuati i criteri per la discriminazione tra i diversi tipi di fibre artificiali vetrose. I principali parametri per l’omologazione sono legati alla composizione chimica e al diametro geometrico medio delle fibre pesato sulla lunghezza (anche se la definizione corretta sarebbe “media geometrica dei diametri ponderata sulla la lunghezza).

Tali indicazioni tecnico scientifiche risultano ormai superate dall’attuale complesso quadro normativo europeo di riferimento. Negli ultimi anni la Commissione Europea ha emanato due Regolamenti – il Regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH: Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals) e il Regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP: Classification, Labelling and Packaging) – che esplicano la loro efficacia direttamente nei territori dell’Unione Europea e dell’EEA EFTA (European Economic Area, European Free Trade Area) (Norvegia, Liechtestein, Islanda) senza quindi la necessità di provvedere a recepimenti nel quadro normativo degli stati membri.

Nell’Allegato VI del Regolamento n. 1272/2008 (cosiddetto CLP) come modificato dal primo adeguamento al progresso tecnico, (Regolamento n. 790/2009) sono state inserite sia le lane minerali (fibre artificiali vetrose (silicati), che presentano un’orientazione casuale e un tenore di ossidi alcalini e ossidi alcalino-terrosi (Na2O+K2O+CaO+MgO+BaO) superiore al 18% in peso) con Numero Indice 650-016-00-2,   sia   le   fibre   ceramiche   refrattarie   (fibre   artificiali   vetrose   (silicati),  che presentano un’orientazione casuale e un tenore di ossidi alcalini e ossidi alcalino-terrosi (Na2O+K2O+CaO+MgO+BaO) pari o inferiore al 18% in peso) con Numero Indice 650-017-00-8.

Nel caso di fibre artificiali vetrose (FAV) si possono verificare i seguenti casi:

 

  • Se la sostanza contiene fibre artificiali vetrose (silicati), che presentano un’orientazione casuale e un tenore di ossidi alcalini e ossidi alcalino-terrosi (Na2O+K2O+CaO+MgO+BaO) superiore al 18% in peso e un diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza (DLG) meno 2 errori standard (DLG – 2ES) ≤ 6 micron, allora la si identifica con la voce 650-016-00-2. Tali fibre sono presenti in Tabella A2 classificate come cancerogene di classe 2, con l’indicazione di pericolo H351. Se il contenuto di fibre è ≥ di 1% il prodotto (miscela) che le contiene si classifica Cancerogeno 2 secondo il regolamento CLP e Cancerogeno di classe 3 secondo il DL.vo 52/1997.
  • Se la sostanza contiene fibre artificiali vetrose (silicati), che presentano un’orientazione casuale e un tenore di ossidi alcalini e ossidi alcalino-terrosi (Na2O+K2O+CaO+MgO+BaO) pari o inferiore al 18% in peso e un diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza (DLG) meno 2 errori standard (DLG – 2 ES) ≤ 6 micron, allora la si identifica con la voce 650-017-00-8. Tali  fibre  sono  presenti  in  Tabella  A2  classificate  come  cancerogene  di  classe  1B,  con l’indicazione di pericolo H350i (inalazione). Se il contenuto di fibre è ≥ di 0,1% il prodotto (miscela) che le contiene si classifica Cancerogeno 1B secondo il regolamento CLP e Cancerogeno di classe 2 secondo il DL.vo 52/1997.
  • Se la sostanza contiene fibre il cui diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza (DLG) meno 2 errori standard (DLG – 2ES) risulta essere > 6 micron il regolamento prevede l’applicazione della nota R,  comune ad entrambe le voci  presenti in allegato VI,  che riporta l’esenzione dalla classificazione come cancerogeno.

Il primo adeguamento al progresso tecnico – Regolamento (CE) 761/2009 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L220/1 del 24/8/2009) del Regolamento (CE) 440/2008 – riporta nell’Allegato II A.22 il metodo per la misura del diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza (media geometrica dei diametri pesata sulle lunghezze) delle fibre recepito dall’European Chemical Bureau ECB/TM/1(00) rev.2 Draft 4.

La Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia nel 2010 ha approvato ed emanato con decreto 13451/2010 le “Linea guida per la bonifica di manufatti in posa contenenti fibre vetrose artificiali (FAV)”.

Valori limite di riferimento

Nella normativa italiana non sono presenti valori limite o indicazioni tecniche sulla valutazione dell’esposizione occupazionale a FAV (come in diversi paesi europei), soltanto la Circolare n. 4 del Ministero della Sanità del 15 marzo 2000 fa presente che per quanto riguarda “gli standard occupazionali il valore limite di esposizione raccomandato dall’American Conference of Governmental Industrial Hygienist (ACGIH) nel 1999 è un TLV-TWA di 1,0 ff/cm3 per le lane minerali (vetro, roccia, scoria), mentre per le fibre ceramiche refrattarie è stato proposto per l’anno 2012 un TLV- TWA di 0,2 ff/cm3”.

La prassi indica che, in assenza di limiti normati (il riferimento normativo per la qualità dell’aria in ambienti lavorativi è il DL.vo 81/2008, dove nell’Allegato 38° sono raccolti gli agenti chimici per i quali la legislazione italiana stabilisce un valore limite di esposizione professionale), si faccia riferimento alle posizioni di Agenzie Internazionali autorevoli, in particolare l’ACGIH che pubblica annualmente i limiti soglia (TLV) per sostanze chimiche e agenti fisici. È possibile quindi utilizzare l’indicazione relativa al TLV-TWA dell’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH).

Per gli ambienti di vita indoor non esiste alcun tipo di limite e/o raccomandazione.

 

Autori:

Loredana Musmeci, Sergio Fuselli, Biagio Maria Bruni, Orietta Sala, Tiziana Bacci, Anna Benedetta Somigliana, Antonella Campopiano, Sonja Prandi, Patrizia Garofani, Claudio Martinelli, Fulvio Cavariani, Fulvio D’Orsi, Achille Marconi, Claudio Trova.

 

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